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LA CITTA'

IL PISTACCHIO DI BRONTE


 
 

LE ORIGINI
Furono gli Arabi, strappando la Sicilia ai Bizantini, a promuovere e a diffondere la cultura del pistacchio nell'isola e, a conferma di ciò, basti considerare l'affinità etimologica del nome dialettale dato al pistacchio col corrispondente termine arabo. "Frastuca" il frutto e "Frastucara" la pianta derivano infatti dai termini arabi "fristach", "frastuch" e "festuch" derivati a loro volta dalla voce persiana "fistich". Il pistacchio di Bronte (Pistacia vera) è una varietà di pistacchio a Denominazione di Origine Protetta (DOP). La specie ha avuto particolare sviluppo a partire dalla seconda metà dell’Ottocento nelle province di Caltanissetta, Agrigento e Catania. In quest’ultima, ai piedi del vulcano Etna, nel territorio di Bronte, conobbe la massima espansione tanto che nel 1860 interi pascoli e terreni incolti furono trasformati in pistacchieti e la pianta coltivata divenne il fulcro di tutto il sistema agricolo ed economico dell’area.
LE CITAZIONI
Proveniente per alcuni da Psitacco, città della Siria o, secondo altri dall'Asia minore o dal Turkestan, quest'albero contorto, dalla corteccia rossiccia, che diventa grigia quando la pianta è adulta, era già nota agli ebrei. Infatti, il pistacchio è citato nella Genesi cap.XLIII v.11, fra i doni che Giacobbe inviò al faraone nel 1802 a.C.: "Prendete con voi dei migliori prodotti di questa terra, dice Giacobbe ai figli, e portateli in regalo a quel signore: un pò di resina, di miele, di storace, di mirra, di pistacchio e di mandorle". Avicenna, considerato l'Ippocrate e l'Aristotele dell'oriente musulmano, nel suo "Canone della medicina" lo prescriveva contro le malattie del fegato e lo definiva afrodisiaco. Fra Jacopo d'Acqui, primo biografo di Marco Polo e suo contemporaneo, descrive stupefacenti pietanze al pistacchio assaggiate dal viaggiatore veneziano nel suo viaggio meraviglioso verso la lontana Cina. Baldassarre Pisanelli nel "Trattato de' cibi e del bere", (Torino 1612), alla voce "Pistacchi" e tra i giovamenti scrive:"Levano meravigliosamente le opilationi del fegato, purgano il petto e le reni, fortificano lo stomaco, cacciano la nausea, rimediano al morso di serpenti.... ". Castore Durante Da Gualdo nel "Tesoro della sanità", (Venezia 1646), sottolinea le virtù citate dal Pisanelli ma raccomanda anche che è bene mangiare pistacchi: "... nel fin o nel principio del pasto" e che il frutto raccolto da "...arbori vecchi e sia fresco e verdeggiante, migliore delle amandole...". M. Lemeri, nel "Trattato degli alimenti e della maniera di conservarli lungamente in sanità" (Venezia 1705),  consiglia il verde frutto perchè " ...li pistacchi sono umettanti e pettorali, fortificano lo stomaco, eccitano l'appetito, sono aperitivi e molto utili alle persone magre.... Eccitano gli ardori di Venere e accrescono l'umore feminale, perchè eccitano una dolce fermentazione del sangue". Alessandro Dumas, (1802-1870) noto autore francese di romanzi, nel volume “Il grande dizionario della cucina" ci parla dell’utilizzo del pistacchio in alta gastronomia suggerendoci l’impiego dei semi nei ripieni, per aromatizzare selvaggina, pesce, minestre, pesto, crema, etc... 
LA COLTIVAZIONE
Il Pistacchio (pistachia vera) è un arbusto, più raramente un albero di piccola taglia, di altezza non superiore ai 6 metri, dotato di radici profonde, dal tronco nodoso e contorto di colore grigio brumastro e dal fogliame caduco. La pianta si trova a suo agio su delle rocce laviche, proibitive per qualsiasi altro tipo di vegetazione. Il terreno, caratterizzato in prevalenza da rocce che affiorano in superficie, crea degli ostacoli alla meccanizzazione di tutte le pratiche culturali indispensabili e determina elevati costi di produzione. La difficile raccolta su questi terreni il maggior motivo per il quale si impone ai pistacchieti etnei un ciclo di produzione biennale. Poichè. a causa del pericolo di dispersione, si è costretti a raccogliere direttamente dagli alberi con notevole impiego di costosa manodopera, si preferisce avere una annata totalmente vuota, poi seguita da una abbondante. La coltivazione e la produzione di pistacchio rappresenta per Bronte, un importante fonte di reddito, tanto da essere soprannominato l'"Oro Verde", per il suo alto valore commerciale,. La città di Bronte ha saputo sfruttare questo vantaggio, infatti nel suo territorio si contano oltre 1000 produttori, la maggior parte con appezzamenti di circa 1 ettaro cadauno, nonché qualche grosso produttore con un multiplo di ettari. Il frutto raccolto viene in genere smallato ed asciugato ad opera del produttore stesso, che poi vende il suo pistacchio in guscio alle aziende esportatrici (circa l'80% viene esportato all'estero, mentre il 20% trova impiego nell'industria nazionale). Vi sono circa una decina di aziende della lavorazione del pistacchio in concorrenza fra loro, alcune ottimamente attrezzate e tecnologicamente avanzate, che si occupano della lavorazione successiva e della commercializzazione. Complessivamente l'"Oro Verde" produce annualmente una ricchezza di circa 20 milioni di euro e costituisce l'1% della produzione mondiale. Il Pistacchio di Bronte è coltivato in parte dei comuni di Bronte, Adrano e Biancavilla tra i 400 e i 900 m s.l.m.
IL FRUTTO
La Pistachia vera è una pianta non ermafrodita di origine persiana, dal fusto corto non dissimile nel suo aspetto al fico. Il maschio, il cui polline feconda la "Pistachia vera", è il terebinto (Pistacia Terebinthus), localmente chiamato "scornabecco" o anche "spaccasassi". Dal seme nasce prima il terebinto che viene successivamente innestato. Le foglie sono composte, formate da 3-5 foglioline di forma circolare ellittica, di colore verde scuro. La specie è dioica: si hanno infatti piante maschili e piante femminili. La riproduzione avviene da seme, a germinazione primaverile, e la messa a dimora in pieno campo, quando la pianta ha raggiunto l'et di circa cinque o sei anni. I frutti, riuniti in grappoli. sono costituiti da drupe allungate, leggermente compresse delle dimensioni di un'oliva, con mallo gommoso e resinoso dal colore bianco-rossastro al momento della maturazione, che avvolge il guscio legnoso molto resistente.
Sarà per lo straordinario connubio tra la pianta e il terreno lavico, ricco di sali minerali, sarà per il sole e l’aria di questa terra, sta di fatto che il frutto prodotto in questo lembo dell’isola cresce rigoglioso e supera dal punto di vista dell’aroma, del gusto e delle proprietà organolettiche la restante produzione mondiale. Nessun altro ha un colore verde smeraldo così brillante e un profumo così intenso, resinoso e grasso.
LA RACCOLTA
La coltivazione del pistacchio è molto impegnativa e faticosa. In primo luogo, le piante fruttificano solo una volta ogni due anni e crescono in terreni accidentati dove non è possibile ricorrere all’uso delle macchine per le operazioni colturali; ne consegue un notevole aumento dei costi di produzione per gli operatori del settore. I pistacchi vengono raccolti a mano, uno ad uno, tenendosi in equilibrio fra i massi di lava nera con sacchi di tela legati al collo. Gli interventi colturali non sono molto accurati e frequenti, ma spesso sono limitati alla potatura, che avviene tra dicembre e febbraio, per contenere lo sviluppo dei rami e talora alla concimazione, alla scerbatura e, ove possibile, a qualche lavorazione.
ESPRESSIONI DIALETTALI DURANTE LA RACCOLTA

  • A NNOMMI RI DDIU: In nome di Dio (espressione di buon augurio pronunciata all'inizio della giornata).
  • A COCCIU A COCCIU: raccogliere i pistacchi "uno ad uno"
  • ACQUARORU: persona incaricata a portare l'acqua.
  • ACQUAZZINA: brina, rugiada.
  • ANTU: "Luogo del lavoro" propriamente detto.
  • BABBARACCHI: pistacchi vuoti all'interno.
  • BANCA: pietra di grosse dimensioni.
  • BULLICU: piccola area di frastuche ancora da raccogliere.
  • BUTANA: sacco enorme di forma cilindrica che può contenere quintali di frastuche.
  • CANTARA: quintali.
  • CARITI U IMBU!: "Abbassati la schiena" (detto per raccogliere i pistacchi da terra).
  • CARRAZZU: bastone a forma di forcella che serve a sostenere i rami che tendono a stare a terra.
  • CASZOTTA: piccola casa in muratura a secco.
  • CATOLICU: buono, normale (sti frastuchi sù catolichi)
  • CCAMPARI: raccogliere da terra.
  • CCIA LIVANU A CCIAPPA O FUNNU: Hanno tolto il coperchio che sta davanti al forno (espressione che indica che il sole picchia forte).
  • CENNIRI: passare al setaccio.
  • CHIUMPIRI: quando i pistacchi diventano buoni, perfetti.
  • CIMARI: rami alti.
  • CRIVU: setaccio.
  • CUCCIARI: raccogliere i pistacchi ad uno ad uno (metodo usuale durante la seconda mano).
  • CUTURARI: far cadere a terra.
  • DUANNORA: due anni fa (due anni da ora); espressione molto usata perchè la raccolta avviene ogni due anni.
  • FAILLUNI: ramo che nasce dalla parte bassa del tronco (zuccu) e tende verso l'alto; produce frastuche dopo quattro anni.
  • FAURI: rami bassi.
  • FIMMINELLA: qualità di pistacchio molto piccolo.
  • FOZZA E MANU CARU' !': "Date forza alle mani ragazzi !" nel raccogliere.
  • FRASTUCA: pistacchio
  • FRASTUCARA: albero che produce pistacchi.
  • GIUMBU/GIUMBURU/IUMMURU: grappolo di pistacchi.
  • GRARIGGHIU: Frutto vero e proprio, seme del pistacchio, sgusciato
  • GROLLA: Morbida pellicola che avvolge il pistacchio.
  • LATINU: ottimo, di buona costituzione, secondo la norma.
  • LIGNU I MANCA: "legno sterile", quindi "incorreggibile, testardo".
  • LOCU: terreno adibito esclusivamente alla coltura dei pistacchi.
  • MADDANARI/MANDANARI: alberelli che pur avendo ricevuto più di un innesto sono sterili.
  • MAGGERI: muretto di pietra lavica.
  • MANCHIA: riferito ad un luogo dove non batte il sole.
  • MARIGNATI RU SICCARIZZU: si dice delle frastuche che sono raggrinzite per la siccità.
  • MBARAZZI: oggetti di valore piuttosto relativo, che possono essere d'intralcio.
  • MPASSURIRI: raggrinzirsi.
  • MPIZZUTARISI I IRITA: "appuntire le dita" (espressione usata quando qualcuno raccoglie da terra molte frastuche e si graffia le dita).
  • NAPULITANA: qualità di pistacchio abbastanza grosso.
  • NE GRATTIGGHIAMMU SSI GIUMBI: "non facciamo il solletico a questi grappoli!" (esortazione a velocizzare il lavoro).
  • NGRAMIGNATI: (rami) intrecciati.
  • NGRANATI: detto di pistacchi pieni, con il seme.
  • NISCIMMU RU CUGGHIUTU A SDUVACARI: "usciamo dalla parte già’ raccolta e andiamo a svuotare i contenitori nei sacchi".
  • NNITTAMMINI I PERI!: "puliamoci i piedi!" (esortazione a raccogliere i pistacchi da terra perchè si avvicina la fine della giornata).
  • NZITU: innesto.
  • OCCHIU VIVU!: attenzione! State attenti! 
  • PAMPINA: foglia.
  • PERI: albero.
  • PIGGHIRU NPUZA: prendilo (il sacco) di polso.
  • RIMUNDARI: potare.
  • RISINATI: detto di pistacchi che, pur avendo ricevuto molta acqua non riescono a respirare, restano rossi e spesso si essiccano.
  • RUMALLA: grolla secca.
  • SACCARU: persona incaricata al trasporto dei sacchi.
  • SACCHINA: piccolo contenitore a forma di sacco che serve a raccogliere le frastuche, caratterizzato da una cintura che si avvolge attorno al collo dell'operaio.
  • SANGU RI L'OCCHI!!: "ti possa uscire il sangue dagli occhi" (disappunto per aver rotto un ramo).
  • SCAFAZZUMME: Pistacchi molto piccoli.
  • SCAGGHIU: sciara viva, scagliosa.
  • SCHINARI: collinetta di sciara.
  • SCIARAZZA: sciara formata per lo più da grosse pietre.
  • SCIARELLA: sciara con pietre di piccola dimensione.
  • SCONNABBECCU: portainnesto, piccola pianta di pistacchio.
  • SDIRRUPUNI: terreno particolarmente scosceso che facilmente provoca caduta a terra (sdurruparsi).
  • SDUVACAMMU!!: "Svuotiamo!!"; incitazione a svuotare i contenitori pieni di frastuche nei sacchi.
  • SGRULLARE: Sbucciare, togliere la grolla.
  • SICCARIZZU: siccita’.
  • SILLIARI: selezionare i pistacchi scartando quelli vuoti.
  • SI SAVVANU RU SICCARIZZU E SI PIDDINU PI L'ACQUARIZZU: i pistacchi "si sono salvati dalla siccità e sono stati rovinati dalla troppa acqua".
  • SPAMPINARE: germogliare.
  • SQUARUMME: Pistacchi seccati prematuramente.
  • SQUATTARIATI: si dice della frastuca quando ha la grolla screpolata a causa di piogge recenti e tende ad essiccare in poco tempo
  • STENDITURI: spazio aperto dove sono posti ad essiccare i pistacchi.
  • SURARINU: albero isolato: giumbu surarino
  • TESTINA: grappolo di frastuche solitario, posto nei rami alti.
  • TRARIMINTUSE: "ingannatrici" (detto delle pietre che nella sciara sono pericolose e inducono facilmente alla caduta).
  • VACANTUMME: pistacchi solo con la buccia, ma senza il seme.
  • ZOTTA: valle.
  • ZUCCU: parte bassa di un tronco, ceppo.

LA LAVORAZIONE
Dopo la raccolta il frutto viene smallato, tramite sfregamento meccanico, con apparecchiature artigianali, e quindi lasciato asciugare al sole per 5-6 giorni. Dalla smallatura del frutto si ottiene il pistacchio in guscio, localmente chiamato Tignosella, che successivamente viene sgusciata e pelata dai commercianti per essere immessa sul mercato. La pelatura, cioè la rimozione dell'endocarpo, avviene oggi attraverso un procedimento altamente tecnologico mediante breve esposizione del frutto a vapore acqueo ad alta pressione causando il distacco dell'endocarpo. 
Col successivo passaggio alla macchina pelatrice e mediante lo sfregamento dei rulli a velocità differenziata viene tolta la pellicola non più aderente. Per nastro convogliatore automatico i verdi pistacchi passano adesso un complesso circuito di essicazione a bassa velocità, e da questo nella macchina selezionatrice elettronica che scarta gli eventuali acini di colore improprio.
Col confezionamento del prodotto ormai asciutto (umidità 5-6%) in cartoni da 12,5 Kg. si conclude il ciclo di lavorazione.In ambiente fresco e secco il prodotto conserva il suo colore per diversi mesi, che invece dopo la prolungata sosta tende a sbiadire. Pertanto le industrie trasformatrici pelano soltanto su ordinazione e non tengono scorte di "pelato", mentre il pistacchio semplicemente sgusciato e non pelato può essere conservato in frigorifero per ben oltre un anno.
IN CUCINA
I semi di pistacchio contengono molte proteine (18-23%), in olio (50-60%), vitamine ed altre sostanze non azotate (15-17%), fra i quali prevale il principio attivo della fecondità. l frutto ha quindi un valore nutritivo molto alto ed il suo valore in calorie doppio di quello del burro. E' assai pregiato e ricercato anche per il suo sapore aromatico e gradevole in pasticceria, in gelateria e per aromatizzare ed insaporire molte vivande. L'olio, estratto dal frutto, trova anche applicazione in dermatologia per le sue alte doti emollienti ed ammorbidenti. E' insuperabile per l'utilizzo in pasticceria, ma in Italia sono in realtà sempre meno le industrie che utilizzano questo pistacchio, dal costo più elevato rispetto ai semi che vengono importati a basso costo soprattutto dall'Iran (dalla forma tondeggiante), ma anche dalla Turchia, dall'Afghanistan, dalla Grecia e dall'America meridionale. Gli stranieri invece continuano a comprare i pistacchi di Bronte, soprattutto le case che producono specialità da gourmet, dal fois gras francese, alle praline svizzere. Ma anche in Italia alcuni pasticceri e alcune associazioni di cultura gastronomiche stanno tornando a utilizzare e a promuovere questo pistacchio. Per il suo aroma e le qualità organolettiche il pistacchio verde di Bronte tradizionalmente è stato sempre il principe della pasticceria, delle carni insaccate di pregio e della gastronomia di alta classe. In tempi recenti, oltre al favoloso gelato ed alla sempre osannata "torta al pistacchio" (prodotta con pan di Spagna, a volte farcita con uno strato di cioccolata o di nutella che si associano particolarmente al gusto del frutto), alle gustose "paste di pistacchio" (realizzate con la stessa procedura con cui si produce la pasta di mandorle) o ai torroncini ed al connubio fra ogni forma di cioccolato ed il verde pistacchio si fanno sempre più strada il "pesto di pistacchio" (un prodotto di nuova invenzione a base di solo pistacchio ed olio di semi, più delicato dell'olio di oliva, che coprirebbe il gusto del frutto),  la "crema al pistacchio" (una preparazione dolce da spalmare sul pane o da utilizzare per guarnire dolci), un liquore e la storica filletta al pistacchio (tradizionale dolce brontese guarnito del prezioso frutto). Ma oltre a questo suo connaturato uso nella pasticceria e negli insaccati, il pistacchio verde di Bronte va trovando sempre più una valida collocazione anche in cucina come condimento per primi piatti. Arricchisce ed esalta di nuovi sapori ed aromi la variegata gam­ma delle ricette siciliane e non. Vedi ad esempio le «pennette al pistacchio», un piatto presente in tutti i menu dei ristoranti bron­tesi o la salsiccia al pistacchio, preparata all’inizio dai ma­cel­lai con qualche perplessità, ormai richiestissima. Tutti questi sapori trovano la vetrina più tradizionale nella Sagra del pistacchio che ogni anno si organizza a cavallo fra settem­bre ed ottobre.


MUSICA

Diamanti virdi
Frastuca (Pistacchio di Bronte)

 

Fonti: bronteinsieme - specialia - wikipedia